Di Sky High (Stress Magazine)
AL 40 Ottobre 1999

Sebbene quasi tutti li riconoscano nei nomi di Havoc e Prodigy i Mobb Deep sono una crew, una ʻfamigliaʼ, come loro stessi preferiscono definirsi. Durante tutte le sessioni di registrazione in studio alle quali ho avuto occasione di assistere nella mia vita, oltre a me erano presenti solamente lʼmc ed il fonico, ma per i Mobb Deep funziona diversamente; mentre registrano pare che lʼintero Queens si raccolga attorno a loro.

Mi sono chiesto se quelle decine di persone presenti in studio stessero sinceramente supportando Havoc e Prodigy, o se stessero semplicemente sfruttando lo status di fama e di successo raggiunto dai Mobb. Dopo aver trascorso un poʼ di tempo con le celebrità di QB, ho iniziato a comprendere che Prodigy ed Havoc traggono tanto beneficio dalla loro crew quanto la crew ne trae da loro. Il fatto di essere costantemente in movimento dà loro lʼopportunità di non doversi adattare ad altri luoghi o ambienti. Nel corso delle ultime due settimane li ho osservati al lavoro in studio, durante le riprese del loro film a Long Island, ed il loro modo di essere gli permette di avere la flessibilità necessaria per muoversi a loro piacimento e per fare quello che vogliono, nonostante gli ambienti freddi ed asettici nei quali li ho spesso trovati. Anche se Prodigy ed Havoc si sono spostati dai project per lavorare nella cornice suburbana di Long Island, il loro legame con il quartiere rimane inalterato per il fatto di essersi portati dietro la loro gente. E forse è proprio così che i due mondi conflittuali dello show business e della realtà, così come la percepiscono i Mobb Deep, si scontrano, generando quella miscela particolare che è “Murda Muzik”. Cʼè un proverbio che dice: ʻPuoi togliere una persona dal ghetto, ma non puoi togliere il ghetto da una personaʼ; per i Mobb Deep questa espressione non ha valore perché loro il ghetto se lo portano appresso, letteralmente.

Prodigy: “I Mobb Deep sono un’intera squadra, un gran numero di persone se vuoi saperlo. I Mobb Deep includono me, Hav, Noyd, Gambino, Ty Nitty, Godfather, Mike Deloreon, Gotti e altri ne*ri.”

Havoc: “Noi non dimentichiamo la nostra gente, stiamo ancora lottando. Le nostre rime non parlano d’altro, non importa quanti soldi riusciamo a fare, non è davvero quello lo scopo. Continueremo sempre a scrivere delle battaglie che deve fare la nostra gente perché non vogliamo lasciarli indietro. C’è gente che è sempre in ballo per tirare su quattro soldi, vendendo droga e fottendosene di tutto… Essendo cresciuto con questa gente sento che se posso li devo aiutare, perché se loro fossero in una posizione privilegiata ed io vivessi una situazione difficile, io vorrei il loro aiuto.”

La maggior parte delle sessioni di registrazione sono scrupolosamente ripartite in precisi spazi di tempo durante i quali lʼartista ed il fonico lavorano alle tracce ed alle voci e successivamente mixano il tutto. Per i Mobb Deep funziona un poʼ diversamente. Per Prodigy ed Havoc registrare un album significa andare in ibernazione totale; una specie di anno sabbatico Hip Hop lontano dalla vita di tutti i giorni, durante il quale la musica diventa il punto focale di tutto, consumando ogni loro istante di energia. Bivaccano in studio per giorni interi, fumando allʼinfinito, ordinando quantità esorbitanti di take-away cinese, bevendo casse di birra, fino a quando riescono ad ottenere un pezzo degno di essere inserito nellʼalbum “Murda Muzik”. Poi il processo ricomincia di nuovo. Ad essere sincero devo dire che come osservatore esterno il processo di creazione risulta terribilmente noioso. Il giorno in cui arrivai stavano scrivendo il testo di un pezzo il cui beat era stato campionato dal film “Scarface”. Era un bel pezzo ma, come un buon pasto quando viene ripartito in una settimana di avanzi da consumare, alla sesta ora di ascolto dello stesso loop senza alcuna variazione, ne ero nauseato.  Nonostante la monotonia Prodigy è rimasto concentrato sul suo blocco note, scarabocchiando rime senza sosta, senza nemmeno sollevare per un istante gli occhi.

Prodigy: “Mio nonno suonava con delle grandi band, ho sentito un sacco di jazz quando ero piccolo. Suonava con Miles Davis, Dizzie Gillespie, e ogni genere di musicista jazz. Mio nonno mi ha influenzato molto anche perché ho vissuto con lui per un periodo e lo ricordo che scriveva musica. Era solito sedersi e prendere appunti, tutto il giorno, ogni giorno, scarabocchiando, scrivendo canzoni. Io mi stancavo di vederlo così, allora non capivo proprio cosa faceva durante tutto quel tempo. Ora lo so. Mi ricordo di come era esigente con se stesso, quando ero piccolo l’ho visto capace di stare in piedi notti intere per finire quella roba. Se mio nonno lavorava anche di notte devo farlo anch’io, capisci?”

Lʼetica di lavoro di Prodigy combacia perfettamente con quella di suo nonno. Mi stavo stancando di stare in quello studio perché stavo assistendo allʼintero processo, dalla metamorfosi del brano allʼatmosfera stessa in cui viene creato. Sacchetti di patatine e scatole vuote di pepite di pollo giacevano sul mixer multitracce che ricordava la consolle di Star Trek. Una densa nuvola di fumo si stava librando sulla mia testa e pareva che nello stesso istante in cui un joint veniva spento, ne fosse già stato rollato ed acceso un altro. Dal fonico al suo assistente, a Prodigy, a Godfather, a Noyd, alla cantante Chinky, lʼerba mistica faceva un cerchio completo. Mi sentivo già stonato al solo contatto con lʼaria, potete quindi immaginare cosa successe dopo che Ty Nitty mi diede una gomitata invitandomi a partecipare. So che non avrei dovuto farlo, ma lo feci. Sono colpevole senza appello. Lʼunico problema è stato che non sono riuscito a fare lʼintervista. Realtà e fantasia si erano fuse, trascinandomi in un turbinio allucinogeno mentre le pulsazioni dei woofer enormi dello studio mi martellavano le orecchie. Le mie palpebre iniziarono a calare come dei palloncini di compleanno senza elio, le parole mi uscivano storpiate… mi ʻrisvegliaiʼ solo successivamente quando ero sul mezzo che mi stava trasportando ad Old Westbury, Long Island.

LONG ISLAND

Dietro di me sedeva un tizio bianco di una certa età assunto da Prodigy per il filmato che avrebbe portato lo stesso titolo dellʼalbum, “Murda Muzik”. Mi si presentò come ʻil supervisore responsabile delle armiʼ. Stando a quello che diceva, aveva caricato due dozzine di una sottospecie di pistole e diversi fucili a canne mozze in un camion per una delle scene del video. Dopo avermi mostrato una semi automatica calibro 40 che portava legata sotto la maglietta gli ho creduto. “Sono stato ingaggiato per tutte le armi in “Godzilla” e “Die Hard 3”…” mi disse, facendo seguire la lista con titoli di altri film dʼazione, “…sono uno degli unici due ʻCoordinatori per le Armiʼ provvisti di licenza regolare che esistono a New York” continua mostrandomi un tesserino laminato. “Questa carta mi permette di trasportare qualunque arma da fuoco in aree sia pubbliche che private in qualunque momento. Posso sventolare un lancia razzi Desert Eagle dal finestrino della mia macchina”. Uscendo dallʼautostrada una nebbia di fumo denso, proveniente da sigarette rollate, iniziò a riempire lʼabitacolo. Una volta arrivati a questo palazzo isolato, situato in una foresta vicina a North Shore, suonai il campanello sperando di non aver azionato invece un complicato sistema dʼallarme. Delle telecamere di sorveglianza erano situate agli angoli dellʼentrata. Un tizio grasso e brizzolato con un forte accento ebreo di Long Island mi aprì la porta. Pensai di avere sbagliato indirizzo fino a quando non mi rispose di attendere perché la troupe non si era ancora presentata. Il seminterrato aveva più o meno la dimensione di quattro appartamenti medi di Manhattan, con tanto di tavolo da ping pong, biliardo e fotografie dei figli del proprietario di casa che andavano a cavallo (più tardi avrei scoperto che nel retro della casa cʼerano le stalle ed un granaio). Durante le tre ore e mezzo seguenti, nelle quali ho atteso i Mobb Deep, ho avuto il privilegio di godere della compagnia dellʼintera comunità di adolescenti di Old Westbury. I teenager della provincia continuavano ad andare e venire chiedendomi a turno se davvero anche Eminem e Nas stessero per arrivare. Sebbene ormai non fossi più nemmeno sicuro di quello, risposi lʼunica cosa che sapevo: erano i Mobb Deep quelli che sarebbero dovuti arrivare, nessun altro. Sentendo questo la maggior parte dei ragazzini assumeva unʼespressione perplessa, seguita da un inevitabile: “E chi sono?”. Provai a spiegarlo nel modo più semplice; ʻi Mobb Deep sono un gruppo rap del Queens, composto da due mc, Prodigy ed Havocʼ. Poi ho proseguito canticchiando come meglio potevo una selezione di brani del loro repertorio (“Shook Ones”, “Survival Of The Fittest” e così via). Gli sguardi confusi si sono trasformati nello smarrimento più totale nel momento in cui ho preso a spiegare il significato gergale del termine ʻMobb Deepʼ. Era tutto inutile, dopo ogni mia lezione i ragazzini ripetevano: “Allora Nas ed Eminem stanno arrivando?”. Sebbene non avrebbero mai saputo distinguere i Mobb Deep dai Furious Five, non cʼera dubbio che al momento del loro arrivo Prodigy ed Havoc sarebbero stati comunque riconosciuti; sarebbero stati gli unici neri nel raggio di miglia. Mi chiesi subito che cosa sarebbe potuto succedere se fossero capitati casualmente in quel quartiere in unʼaltra notte qualsiasi. Non cʼè bisogno di dire che i Mobb furono notati come si nota unʼunghia incarnita e, sebbene né Nas né Eminem lo mostrarono, i ragazzi li assalirono comunque. Con costernazione da parte del ricco padrone di casa la troupe di oltre venti persone rimase insediando lʼedificio ben oltre lʼuna di notte pattuita, prolungando le riprese fino alle 6 circa. Con costernazione da parte della moglie del proprietario io depredai il frigorifero ripulendolo da sandwich di carne probabilmente avanzati da un recente bar mitzvah. Con costernazione da parte di due ragazze nere che indossavano tacchi altissimi e vestiti trasparenti, cʼerano alcune delle ragazze bianche del quartiere che tentavano di attirare lʼattenzione della crew dei Mobb Deep. Una di quelle che avevo tentato di ʻistruireʼ poco prima mi disse: “Oh mio Dio, cioè… ma quello non è Mobb Deep? Aspetta, il suo nome è tipo Prodigy, giusto? Non posso credere ai miei occhi, cioè… ma quello non è un altro del gruppo o qualcosa del genere… oh mio Dio!!”. Non intendevo essere rude, ma sono rimasto incredulo senza risponderle. Non potevo credere che tipe come quelle del video di “Baby Got Back” di Sir Mix-A-Lot potessero esistere veramente. Le due ragazze di colore sono scoppiate a ridere allʼunisono, mentre io cercavo di defilarmi da quella situazione assurda. Tornando al seminterrato dove la troupe stava allestendo una scena che avrebbe reso orgoglioso Tony Montana, decisi di avvicinare il produttore/regista del film, Lawrence Page. Mentre sul biliardo accanto giaceva un potpourri di armi da fuoco, lui mi descrisse la storia del video: “Non lo vedo come un film tipico del filone rap, Prodigy non è nemmeno se stesso in questo film, sebbene interpreti una parte affine. Recita la parte di un personaggio dei projects con alcuni altri della Infamous Mobb. Non è il tipico film di sparatorie. I film che faccio hanno sempre un significato. Solo se ne vedi uno o se osservi il mio modo di dirigere capisci che sto dicendo la verità… Intendo dire che chiunque può filmare un tizio nel parco con una pistola in mano mentre spara, ma questo ti basta per avere una storia?”. Cercavo di seguire quello che il regista stava dicendo, ma continuavo ad essere distratto da un punto rosso che gli appariva sulla fronte. Dando unʼocchiata dietro di me, notai che uno dei ragazzi stava giocando a ʻunisci i puntiniʼ con il laser delle pistole da precisione. Un colpo alla base del collo mi svegliò da quellʼindotto stupore bubbonico ed una fragrante nebbiolina si stava effondendo ovunque. Uno della crew mi colpì per la seconda volta mentre lo stesso loop girava in sottofondo, ma Nas stava forse cantando ancora quando i sogni presero il sopravvento?

QUEENSBRIDGE

Mi trovavo tra la 41esima strada e la 21esima Avenue nel cuore di Queensbridge. La stessa troupe che avevo incontrato a Long Island stava preparando il setting nei projects e, diversamente dalla prima volta, qui tutti sapevano chi sono i Mobb Deep. Mentre aspettavo oziosamente di fare la mia intervista a Prodigy ed Havoc un ragazzo del gruppo mi chiese se potevo andare a comprare qualcosa da mangiare e qualche birra. Acconsentii e mi recai ad un negozio arabo allʼangolo con un amico che era con me. Mentre il tizio della drogheria cercava di controllare la mia età sui documenti iniziò il disastro. Non so da dove partì tutto ma improvvisamente quattro tredicenni ci saltarono addosso minacciandoci di aprirci dalla testa ai piedi come per unʼautopsia. Fortunatamente un signore intervenne fermando i ragazzini e convincendoli a tornare a casa. Questo piccolo episodio mi fece riflettere sul come la realtà sia dura nel Queens.

Havoc: “Penso che la nostra musica sia realtà al 100%. Anche se parliamo di una situazione che non abbiamo esattamente sperimentato sulla nostra pelle, tipo uccidere qualcuno… in quei casi stiamo facendo rime per le persone che stanno in una cella per aver ucciso qualcuno in modo che possano rendersi conto davvero di aver commesso un errore, capisci?” 

Prodigy: “Penso che sia una cosa divisa in due parti. È intrattenimento prima di tutto. Ma per noi, nella nostra vita, non è intrattenimento… quando varchiamo quella porta (indicando la porta dello studio di registrazione, nda) allora diventa intrattenimento, spettacolo. Questa è la parte che riguarda il business.”

Fortunatamente ritornai dal negozio illeso, ma non me la sentivo più di aspettare un solo istante per fare lʼintervista. Proprio mentre mi stavo dirigendo alla fermata della metro iniziarono gli spari. Me la facevo addosso dalla paura e, come avevo visto fare nei film, iniziai a costeggiare la parete di un palazzo saltando di cespuglio in cespuglio… Gli spari provenivano dal set del film o dalla strada? Realtà o Finzione? Lanciandomi giù per gli scalini della metro pensai che non sarei rimasto per scoprirlo.

NEL LABORATORIO

Quando riaprii gli occhi mi trovai in studio ancora una volta. Isolato completamente dallʼesterno, non avevo idea di che ora del giorno potesse essere. Lʼunica prova del passare del tempo era il loop di “Scarface” prima vuoto, ora occupato dalle strofe di Havoc, Prodigy e Nas. Proprio come Pinocchio nella bottega di Geppetto il beat aveva iniziato a pulsare di vita propria. A quel punto Prodigy mi avvicinò dicendomi che poteva fare lʼintervista e ci sedemmo con Havoc nella stanza di registrazione. Pensai a tutto quello che avevo visto, sognato, fantasticato e sperimentato mentre aspettavo di fare questʼintervista. Pensai ai personaggi della ʻfamigliaʼ di Havoc e Prodigy: The Infamous Mobb. Pensai a tutte le notti trascorse in loro compagnia, al fumo, agli ʻincontri di boxeʼ della prima mattina che avevo evitato. E invece le loro famiglie di sangue? Che cosa ne pensano della carriera dei loro figli Hav e P?

Prodigy: “Beh, mio padre è morto, a mia madre piace la musica rap e lei segue quello che faccio. Il punto è che questa è una forma d’arte, è musica e lei l’ascolta. Naturalmente non approva certe cose che dico, ma sa che sono cose reali. Penso che tutti sappiamo che cosa una madre non possa approvare.”

Havoc: “Mia madre è felice e mio padre anche. Vedono tutto questo come una cosa positiva anche se a loro non piace questa musica, perché si rendono conto e sanno bene da dove arriva. Lo apprezzano perché sanno che questo mi ha tenuto lontano dal carcere, dal crimine e da queste situazioni.”

Interrompendo l’intervista, un ragazzo della crew entrò nella stanza per informare tutti della sua laurea appena conseguita. E non in un semplice college, ma ad Harvard. Scioccato, iniziai a chiedermi se il diploma che reggeva in mano non fosse solo frutto della mia immaginazione. Un ragazzo nato e cresciuto nel Queens, un rappresentante di una crew che allo stesso tempo è studente ad Harvard… fantastico. Uscire dai projects senza dover fare rap, ballare, giocare a basket o trovarsi un lavoraccio qualsiasi in città è davvero raro. Ho deciso di chiedere così ad Hav e P qual era il tipo di studi che avevano conseguito.

Prodigy: “Io ed Hav ci siamo conosciuti mentre frequentavamo l’istituto superiore di Arte e Design. Io andavo a scuola per disegnare abiti e lui per studiare architettura. A me piaceva disegnare, dipingere, anche roba per le t-shirt. Shirt Kings mi ha attaccato questa passione. Da piccolo nel Queens ero sempre al Coliseum da Shirt Kings e questo mi ha fatto nascere l’interesse per disegnare le magliette.”

Havoc: “Ero piuttosto bravo in architettura fino a quando, dopo essere arrivato all’undicesimo livello, non ho iniziato ad uscire sempre e a perdere tempo facendo stronzate, ma grazie a Dio l’ho fatto sempre e solo per la musica. La musica è tutto quello che so. Immaginate se non esistesse, la vita sarebbe finita. E poi io non potrei mai lavorare in un McDonald’s.”

Sebbene sia bello sapere che tutti sono in grado di avere un’opportunità di ricevere un buon grado di istruzione, la seconda interruzione di cui fummo vittime assomigliava molto di più ad una comune situazione da ‘Mobb Deep’. Un componente della crew (a cui avevano sparato quello stesso giorno durante un episodio che farò meglio a non raccontarvi) entrò nello studio collassato. Quando anche Busta Rhymes si unì a noi, questo gli mostrò le sue ferite in preda al delirio. L’animata risposta di Havoc riguardo alla violenza di cui vengono tacciate le sue liriche ha continuato a rimbalzarmi in testa: “Che cazzo ci criticate per quello che scriviamo quando è roba che ci succede tutti i giorni? Volete sbarazzarvi di noi perché raccontiamo quello che ci succede? Così dicono che ‘oh, sono violenti, promuovono la violenza…’ Noi non promuoviamo la violenza, è la società che è violenta! Questa merda succede veramente, succede in continuazione!”

Ma quella ferita era reale? Quanto di quello che creano i Mobb Deep è puro intrattenimento, come un film di Schwarzenegger, e quanto invece è narrativa autobiografica? Discutere sulla credibilità delle liriche di Prodigy ed Havoc è inutile. Se poi la loro vita venga accuratamente descritta nella loro musica è un fatto secondario. “Murda Muzik” potrebbe benissimo diventare il primo disco di platino dei Mobb Deep e “Murda Muzik”-il film- causerà sicuramente una piccola tempesta. Ma come digeriranno le migliaia, milioni di ragazzini delle periferie del mondo un album come “Murda Muzik”? Come lo interpreteranno? Riuscirà solo a perpetrare lʼuso delle armi da fuoco e la filosofia dellʼocchio per occhio e dente per dente? Quanto gli stessi figli di Prodigy ed Havoc saranno esposti alla vita cruda e violenta che è così familiare nelle loro rime?

Havoc: “Io lascerò che mio figlio ascolti quello che vuole, ma gli spiegherò la differenza tra il giusto e lo sbagliato. Intendo dire che se lui ascolterà il rap e sentirà qualcuno dire ‘hey, ora esco e vado a sparare ad una cinquantina di persone perché non me ne frega un cazzo…’ saprà già come prenderlo perché io gli avrò spiegato la differenza. La musica è comunque intrattenimento, a volte ci metti dentro la realtà come facciamo noi, ma noi non scriviamo comunque mai liriche che parlano di stronzate. Qualunque cosa mio figlio ascolterà, saprà la verità.”